La stagione dello scisma

LA STAGIONE DELLO SCISMA

Comunque il malcontento delle grandi squadre per l’allargamento elefantiaco del campionato aveva raggiunto il punto di non ritorno. Vittorio Pozzo, dirigente del Torino e futuro CT della Nazionale, aveva proposto un progetto di riforma, il “Progetto Pozzo”, che restringeva la Prima Divisione nell’Italia Settentrionale a solo 24 squadre. Le 24 maggiori società italiane, approvando il Progetto Pozzo, firmarono il cosiddetto “patto di Milano” con il quale stabilirono che sarebbero state loro le 24 elette ammesse alla Prima Divisione secondo il Progetto Pozzo, escludendone tutte le altre. Secondo il bollettino ufficiale del Parma F.B.C., le 24 firmatarie il “patto di Milano”  erano le seguenti: Juventus F.C., Torino F.C., U.S. Torinese, U.S. Pro Vercelli, Casale F.C., Novara F.A., Alessandria U.S., Savona F.C., Genoa F.C., Andrea Doria S.G., U.S. Livorno, Pisa S.C., Milan F.C., Internazionale F.C., U.S. Milanese, Legnano F.C., Brescia F.C., A.C. Vicenza, Hellas F.C., Padova A.C., Venezia A.C., Bologna F.C., Modena F.C., A.C. Mantova. Si noti la presenza dell’U.S. Torinese, che poi, tradita dalle altre firmatarie, già all’atto della costituzione della Confederazione Calcistica Italiana sarebbe stata esclusa dalla Prima Divisione C.C.I., sostituita dallo Spezia.

Le società escluse dalla lobby delle 24 protestarono per la loro iniziativa, mostrandosi (almeno per alcune di esse) non del tutto contrarie a un progetto di snellimento del campionato ma biasimando le 24 del “patto di Milano” per aver stabilito che esse soltanto avevano diritto alla massima divisione. Fecero notare che dalle 24 era stata esclusa una squadra semifinalista subnazionale, la Bentegodi di Verona, nonché due finaliste regionali come Saronno e Trevigliese, mentre al contrario erano state ammesse squadre che avevano disputato eliminatorie regionali deludenti, come il Brescia eliminato con infamia e disonore in uno dei sei gironcini eliminatori lombardi propedeutici al girone finale lombardo. La neopromossa Novese, sicura nelle proprie potenzialità, si annunciò non del tutto contraria al Progetto Pozzo, pur preferendo rinviarlo alla stagione 1922-23 perché entro un anno anche la Novese sarebbe entrata tra le 24 maggiori società italiane. Guidate dalla Novese, le società minori stipularono il “patto di Novi”, con cui giurarono di opporsi con tutte le forze alla lobby delle 24 firmatarie del “patto di Milano”.

All’Assemblea Federale del 23-24 luglio 1924 si arrivò al punto di rottura. Il 23 luglio fu messo ai voti il Progetto Pozzo, con la condizione che, in caso di approvazione, le 24 elette non sarebbero state scelte dalla FIGC ma sarebbero state solo e soltanto le firmatarie del patto di Milano. Le società minori si opposero e fecero bocciare il Progetto Pozzo, principalmente perché “non al progetto Pozzo in sé e per sé sono contrari, ma al patto di Milano, che 24 squadre hanno stretto, per proclamarsi  appartenenti all’elite del football italiano, senza diritti di appello alle altre” (da “Il corriere della sera” del 24 luglio 1921). Il giorno successivo si tentò un compromesso, e venne avanzata la proposta di un campionato 1921-22 a 36 squadre (di cui le 16 semifinaliste del campionato 1920-21) suddiviso in tre gironi da 12, le cui ultime quattro sarebbero retrocesse in cadetteria senza sostituzione (in modo da far disputare il campionato 1922-23 secondo il Progetto Pozzo), mentre l’ottava classificata di ognuno dei gironi avrebbe disputato spareggi di qualificazione al campionato di massima serie successivo contro le migliori della cadetteria. Anche questa proposta venne respinta, a causa dell’inflessibilità delle 24. Si ebbe così uno scisma, e le 24 secedettero dalla FIGC istituendo ufficialmente, nel corso di una riunione tenutasi tra il 27 e il 28 agosto 1921,  una propria Confederazione, la C.C.I. (Confederazione Calcistica Italiana), che avrebbe organizzato il proprio campionato secondo il Progetto Pozzo.

Le due federazioni cercarono di riconciliarsi ma senza esiti. Un tentativo ci fu ad Alessandria il 3 settembre 1921, in cui CCI e FIGC cercarono di giungere a un compromesso, proponendo una massima serie a 32 squadre, divise in quattro gironi da otto, in cui le vincenti si sarebbero contese il titolo di Campione in un girone finale mentre le altre avrebbero partecipato alla “Coppa Italia”. Il campionato si sarebbe concluso già a febbraio. Tuttavia anche questo tentativo non andò a buon fine.

Il bollettino ufficiale del Parma (numero di settembre 1921) pubblicò due proposte di compromesso, quello della FIGC e quello della CCI. La proposta della FIGC era la seguente:

  • Disputa per la stagione 1921-22 di un campionato di selezione a 72 squadre divise in gironi regionale, le cui migliori 24 (o 32) si sarebbero qualificate al campionato di massima serie successivo secondo il Progetto Pozzo.
  • Campionato 1921-22 a 24 o 32 squadre, di cui 16 sono le semifinaliste 1920-21, e le altre 8 o 16 sono da scegliere mediante incontri di qualificazione a girone semplice (partite di sola andata) tra le 56 rimanenti.

La proposta della CCI, invece, era la seguente:

  • Disputa di due tornei per la stagione 1921-22, di cui uno della FIGC e uno della CCI. Quello della CCI avrebbe compreso 24 squadre, quello della FIGC le rimanenti (comprese quelle della Seconda Divisione CCI). Le due dodicesime classificate (ultime) del torneo della CCI sarebbero retrocesse nel torneo della FIGC, sostituite dalle prime due classificate del torneo della FIGC. Invece le due undicesime classificate della CCI avrebbero disputato incontri di qualificazione contro la terza e la quarta classificata del torneo della FIGC.
  • A partire dalla stagione 1922-23 lo statuto della CCI avrebbe avuto applicazione completa e il campionato di Prima Divisione sarebbe stato disputato da 24 squadre, cioè 20 dal torneo della CCI 1921-22, due dal torneo FIGC 1921-22 e le due vincenti degli incontri di qualificazione tra le due undicesime classificate della CCI e la terza e la quarta classificata del torneo della FIGC.

Le controproposte della CCI furono tuttavia respinte dalla Presidenza Federale, e lo scisma non rientrò. Nella stagione 1921-22 si disputarono così due campionati.

LO STORICO TITOLO DELLA NOVESE

Il campionato federale, cominciato il 2 ottobre, continuò con la solita formula dei campionati regionali. I sei campioni regionali avrebbero disputato i gironi di semifinale. Le vincenti di ognuno dei due gironi di semifinale si sarebbero contese il titolo federale con partita e contropartita. Il girone piemontese, vinto dalla matricola Novese, vedeva in origine la Biellese al posto della Torinese, in quanto questi ultimi in origine erano passati alla CCI, per poi essere ingiustamente esclusi dalla Prima Divisione. A inizio novembre avvenne lo scambio Biellese-Torinese, con i primi che passarono a disputare la Seconda Divisione CCI e i secondi che presero il loro posto nella Prima Categoria FIGC. La Torinese, che l’anno prima aveva eliminato Juventus e Casale nelle eliminatorie regionali e tanto aveva fatto soffrire la Pro in semifinale, non riuscì a contrastare la Novese, chiudendo seconda e venendo eliminata. Gli altri campioni regionali furono Esperia (di Como), Sampierdarenese (di Genova), Petrarca (di Padova), SPAL (di Ferrara) e Pro Livorno.

Nel girone A delle semifinali furono inserite Novese, Petrarca e Pro Livorno, mentre nel girone B finirono Sampierdarenese, SPAL ed Esperia. Il girone A fu vinto abbastanza agevolmente dalla Novese, staccando di tre punti il Petrarca: decisiva la vittoria in trasferta per 3-1 ottenuta sui padovani, dopo il passo falso casalingo all’andata (1-1). Il girone B fu invece più agguerrito: Sampierdarenese e SPAL chiusero in vetta, rendendo necessario uno spareggio sul campo neutro di Milano che vide trionfare i genovesi (2-1 ai tempi supplementari).

La finale tra Novese e Sampierdarenese fu abbastanza equilibrata: dopo due scialbi pareggi a reti bianche, nella “bella” sul campo neutro di Cremona la Novese uscì vittoriosa per 2-1, laureandosi così campione d’Italia per la prima e unica volta della sua storia. Decisivo fu il gol di Carletto Gambarotta nella “bella”.

Qual è il valore di questo scudetto? È innegabile che un requisito essenziale per l’affermazione novese fu l’assenza delle grandi società, a cui la piccola formazione piemontese non seppe mai tenere sistematicamente testa né prima né dopo la vittoria del 1922. Da questo punto di vista, ogni confronto col successo del Casale ottenuto nel regolare campionato del 1914, appare fuori luogo. Sarebbe tuttavia ingeneroso non riconoscere i meriti della squadra biancoazzurra in questa annata. I novesi annoveravano infatti fra le loro fila alcuni importanti giocatori, desiderosi di rimanere nell’organigramma federale, giunti da società secessioniste: tra di essi, basti citare Santamaria e tre dei fratelli Cevenini. Trattavasi dunque di un organico di tutto rispetto, che dominò per tutta la stagione il torneo affermandosi nettamente come la miglior squadra del campionato, vincendolo con pieno merito.

Nello stesso tempo si disputò la prima edizione della Coppa Italia. Privata delle 24 grandi, questo torneo fu disputato esclusivamente da squadre minori di Prima Categoria e di Promozione. Solo 23 delle 46 squadre di Prima Categoria si iscrissero alla competizione  e di queste solo Novese e Pro Livorno presero effettivamente parte alla fase nazionale del massimo campionato federale. Snobbata dunque dalle squadre maggiori del torneo federale (i futuri campioni d’Italia della Novese diedero forfait nei quarti di finale contro l’Udinese), la finale della competizione vide l’inopinata vittoria per 1-0 (ai tempi supplementari) del Vado (squadra di Promozione Ligure) sull’Udinese (squadra di Prima Categoria Veneta), grazie a una rete di Levratto al 118°.

Qual è il valore della vittoria del Vado (che non militava in massima serie)? Sicuramente i liguri vinsero con merito la competizione, compiendo in un certo senso un’impresa, considerando che ai quarti eliminarono sul campo il Pro Livorno semifinalista nazionale di Prima Categoria, mentre in finale ebbero la meglio sull’Udinese seconda classificata nel girone veneto e dunque sulla carta più forte. Tuttavia ogni paragone con il trionfo del Napoli (all’epoca militante in Serie B) nel 1961-62 appare inopportuno in quanto i partenopei vinsero un’edizione del torneo non boicottata, a cui parteciparono tutte le grandi. Invece il Vado vinse un’edizione privata delle 24 secessioniste e snobbata da molte delle squadre più forti a livello federale (la Novese diede forfait ai quarti mentre Sampierdarenese, Esperia, SPAL e Petrarca nemmeno si iscrissero). Detto questo, quella del Vado fu comunque un’impresa.

L’ULTIMO TRIONFO DELLA PRO VERCELLI

Il campionato confederale, cominciato il 2 ottobre, vide nel Girone A un’accesa lotta per il primato tra due squadre del Quadrilatero Piemontese, la sorpresa Novara e il campione in carica Pro Vercelli. I novaresi partirono forte, vinsero le prime sette partite e mantennero la vetta solitaria fino all’ultima giornata nel girone d’andata, allorquando la sconfitta di Bologna costò l’aggancio dei leoni bianchi. Nel girone di ritorno le due squadre procedettero appaiate, con qualche effimero sorpasso, fino alla diciottesima giornata, allorquando la Pro sorpassò di nuovo il Novara e non si fece più raggiungere, vincendo il girone con quattro punti di vantaggio sui rivali. Nel girone B invece la lotta tra Genoa e Alessandria per il primato fu accanita solamente nel girone d’andata, rimanendo appaiate in vetta per molte giornate. Il grifone chiuse il girone d’andata al comando con 19 punti, seguito a un punto di distanza dai piemontesi. Nel girone di ritorno i piemontesi crollarono abdicando dalla lotta al titolo: il Genoa vinse il girone con 37 punti, mentre l’Alessandria chiuse seconda a quota 28.

La finale tra Genoa e Pro Vercelli fu molto equilibrata. La partita d’andata, disputata a Vercelli il 7 maggio, si chiuse a reti bianche. A questo punto il Genoa sembrava favorito, avendo il vantaggio di disputare il ritorno in casa, ma la Pro Vercelli riuscì nell’impresa di espugnare il suo campo, imponendosi per 2-1.

Nel frattempo al Centro-Sud era in svolgimento il campionato della Lega Sud. Al campionato centro-meridionale furono ammesse tre nuove regioni: Marche, Puglia e Sicilia (mentre la Toscana fu spostata al Nord). I campioni regionali avrebbero preso parte alla fase finale ad eliminazione diretta. La Puteolana confermò il primato regionale vincendo 12 partite su 12, come anche i romani della Fortitudo. L’Anconitana vinse il campionato marchigiano, l’Audace di Taranto quello pugliese, il Palermo quello siciliano. Nella fase a eliminazione diretta la Puteolana eliminò l’Anconitana (3-0), mentre l’Audace eliminò il Palermo (1-0) ma fu a sua volta eliminata dalla Fortitudo (4-1). La finale tra Fortitudo e Puteolana, disputata a Roma il 4 giugno 1922, fu vinta dai primi per 2-0, a causa di una sfortunata autorete di Lobianco e della rete di Bramante nella ripresa.

La finalissima fu dunque disputata tra Pro Vercelli e Fortitudo. Lo spostamento delle toscane nel campionato della Lega Nord tuttavia rese di nuovo la finalissima un incontro dall’esito scontato. All’andata a Roma (11 giugno) i bianchi leoni ebbero gioco facile a imporsi per 0-3. Secondo La Stampa, “la Fortitudo si è battuta bene, si è battuta con ogni energia ed ha dato tutto quanto era possibile dare senza scoraggiamenti e senza debolezze. Ha dovuto piegare di fronte ad un’avversaria realmente forte e, più che forte, poderosa. Se sulla carta i bianchi erano già favoriti, sul campo è risultato evidente che la preferenza loro accordata non era concessa a caso. L’ingresso nell’arena dei due undici ha fatto saltare subito agli occhi la grande sproporzione che atleticamente correva tra essi: alti, ben piantati, massicci i vercellesi; più snelli e meno completi i romani. La differenza di struttura dei componenti i due teams non poteva fare a meno di influire sull’andamento della partita. Il peso ha avuto la sua buona parte. I vercellesi sfondarono con più facilità le linee avversarie e lo sfruttamento di questo vantaggio, fatto del resto senza eccessive scorrettezze, ha dato un po’ ai nervi al pubblico effettivamente sentimentale ed alquanto tenero per i colori rosso-bleu. Ma i campioni del nord non si sono imposti solo per le loro qualità atletiche. Essi sono stati superiori anche per il magnifico controllo che hanno sul pallone. Il maggiore fiato ha completato quella somma di virtù e di qualità che hanno fatto pendere la bilancia a favore dei bianchi”. Il ritorno a Vercelli (18 giugno) vide imporsi ancora i bianchi leoni per 5-2. Secondo “Il corriere della sera”, “il punteggio dice più che altro lo slancio e la generosità dei giocatori della Fortitudo, i quali seppero ben figurare di fronte ai bianchi campioni; ed i romani, per qualche tempo, poterono accarezzare la speranza di un match pari poiché i bianchi, in cattiva giornata, non diedero che rare prove della loro bravura e della loro superiorità”. E ancora: “I romani giocarono con molto brio dimostrando una buona resistenza. La difesa forte e sicura permise alla linea di sostegno ed agli attaccanti di ottenere un punto nel primo tempo ed un secondo nella ripresa segnati in modo nettamente imparabile da Canestrelli, ottima e veloce ala destra”. Imponendosi, come già detto, sia all’andata che al ritorno, la Pro Vercelli vinse così il suo settimo titolo nazionale.

LA RICONCILIAZIONE

Nel frattempo, il divieto imposto dalla FIFA alle società della CCI di disputare amichevoli contro squadre estere facilitò la riconciliazione tra Federazione e Confederazione. Furono intavolate nuove trattative, e fu proposto dalla FIGC già nel dicembre 1921 (accordi di Brusnengo) di far disputare il campionato unificato 1922-23 a 50 squadre. Questa prima proposta non andò in porto, in quanto troppo distante dal Progetto Pozzo, e alla fine, dopo ulteriori trattative, il 22 giugno 1922 si trovò l’accordo: il campionato 1922-23 della Lega Nord sarebbe stato disputato da 36 squadre, da ridursi a 24 a partire dalla stagione successiva onde applicare il “Progetto Pozzo”. Questa riforma dei campionati divenne nota come “Compromesso Colombo”, da Emilio Colombo, direttore della Gazzetta dello Sport, che ne fu l’artefice. Colombo stabilì che delle 36 squadre ammesse, 18 sarebbero state sicuramente CCI (le squadre classificate dal 1° al 9° posto nei due gironi CCI), 12 sicuramente FIGC (la prima e la seconda classificata dei sei campionati regionali), e 6 sarebbero state scelte mediante spareggi di qualificazione tra una squadra federale e una confederale. I sei spareggi di qualificazione finali videro la vittoria di quattro squadre confederali (Livorno, Brescia, Derthona e Inter) e di due federali (Rivarolese e Pastore). E’ da notare la salvezza in extremis dell’Inter, autore di una stagione disastrosa chiusa all’ultimo posto nel proprio girone, e la promozione del Derthona, Campione della Seconda Divisione CCI. Delle confederali retrocedettero Venezia, battuta a sorpresa dalla Rivarolese, e Spezia, sconfitta dal Pastore di Torino, nonché il Vicenza (eliminata nel turno preliminare CCI dal Derthona). Tuttavia, la fusione tra Livorno e Pro Livorno liberò un posto in Prima Divisione, per cui si disputarono nuovi spareggi di qualificazione che videro la vittoria dello Spezia, che fu dunque riammesso nella massima divisione.