I primi campi cittadini erano situati in zone periferiche della città, come Bagnoli e Agnano, difficilmente raggiungibili da chi viveva nel centro cittadino (avrebbe dovuto prendere il tram per Pozzuoli fermandosi ad Agnano oppure le fumiganti vetture della ferrovia Cumana che all’epoca andava a vapore). I disagi erano grossi e il pubblico esiguo (già duecento o trecento spettatori era un grande risultato). Inoltre non era previsto il pagamento di un biglietto. Era ovvio che per rendere popolare il football a Napoli occorreva dotarsi di campi cittadini, ad esempio al Vomero, e lì giocare, perché ben poche persone erano disposte a prendere il tram o la Cumana per avventurarsi fino alle cupe di Bagnoli o di Agnano, in una zona desolata. Inoltre, per pagare l’iscrizione ai campionati, era indispensabile cominciare a far pagare il biglietto agli spettatori. Già nel dicembre 1912 Renato Casalbore scriveva sulla Stampa Sportiva di Torino:
Ma tutto ciò è ristretto, competizione chiusa, nel circolo di pochi appassionati: e qui sta l’essenziale difetto che mina lo sviluppo del gioco del calcio! C’è un grande problema da risolvere per marciare con sicurezza alla popolarità del football a Napoli: il problema della lontananza dei campi di gioco dalla città. E ora i dirigenti debbono sentire tutto il dovere di affrontarlo e di risolverlo. Non ancora la questione finanziaria si è affacciata agli usci delle società napoletane; ma con l’ammissione di esse al massimo campionato ben presto ne sentiranno le spine. Non si può più oltre giocare per divertimento: c’è qualcosa di più che debbono difendere quelle Società: il nome di Napoli di fronte all’Italia. Se ancor oggi la popolarità mancherà loro, non resterà che ritirarsi in buon ordine. Se il popolo, senza disagi, vedrà lo svolgimento di partite che lo sappiano appassionare, si smuoverà certamente e accorrerà, pagando, a godersi le belle manifestazioni sportive; ma non affronterà mille disagi per andare ad assistere allo svolgimento di un esercizio sportivo che gli è ignoto, non ostante la massima pubblicità che potranno dare i giornali locali. Si avranno sempre i soliti duecento o trecento spettatori che si incontrano domenica per domenica sui campi di Bagnoli e Agnano. E non vi par poco? Ora specialmente!
Considerazioni queste ultime dedicate a chi deve sentire il dovere di risolverle: parlo dei patrocinatori antichi e nuovi, agli Anatra, ai Reichlin, ai Bayon, agli Scarfoglio, ai Salsi, ai Dresda, ai Paduli e ai… Caristo.
Non è vero, mio caro amico Caristo e carissimi amici che mi avete sempre avuto tra voi spettatore fedele, e mi avete perfino veduto… goalkeeper celebre; non è vero che di sopra alle competizioni personali, di sopra delle recriminazioni prima e dopo di una partita, è venuto finalmente il momento propizio per risolvere il grave problema che rode da anni lo sviluppo del football a Napoli, sopra i vostri sforzi così nobili, così belli, così cari?
Affrontarlo bisogna con coraggio, con fede, sicuri di vincerlo. Avete tutto con voi, miei vecchi amici, il coraggio, l’intelligenza, la vivacità… i quattrini, e basta! E concludiamo.
Vinca il Naples o l’Unione Sportiva Internazionale il primo campionato regionale di Prima Categoria, noi non crediamo che una di queste due possa seriamente opporsi alla vincente del campionato laziale; ma il primo passo sarà fatto e si sentirà più forte la necessità di risolvere urgenti problemi, che rifletteranno fra non molto questioni di interesse per le spese alle quali andranno incontro. Ma io, con uno sforzo di ottimismo che viene dall’anima sinceramente, non vedo lontano il giorno del grande sviluppo del Foot-Ball a Napoli.
Renato Casalbore.
Nonostante tutto, i problemi erano rimasti essenzialmente irrisolti ancora otto anni dopo. Secondo un articolo di Felice Scandone pubblicato sul “Mezzogiorno” del 23-24 maggio 1920:
I problemi urgenti
I campi sportivi
Un confratello della sera, giorni addietro, intrattenendosi sulle condizioni del calcio campano, sfiorava la delicatissima questione dei campi sportivi in città, mancanza dolorosa che influisce, e non poco, sulla deficienza della propaganda e dello sviluppo del magnifico sport collettivo.
La nostra città, e non è un mistero, sia per sviluppo sportivo che per passione del pubblico ai ludi all’aria aperta è parecchio indietro ad altre più sportive città d’Italia: vuoi per il breve periodo dal quale lo sport è divenuto da monopolio di pochi, dominio del popolo; vuoi per la lontananza dei grounds dalla cinta cittadina.
In questi ultimi anni, dopo la Grande Guerra che ha chiaramente dimostrato i pregi della preparazione sportiva del cittadino e del soldato, anche da noi lo sport ha avuto un novello e vigoroso impulso e non pochi neofiti sono venuti a colmare i vuoti dolorosi dei clubs cittadini e ad accrescere i ranghi della nostra gioventù sportiva.
E’ un primo passo verso la vera e più grande popolarizzazione dello sport, ma non è ancora l’interessamento e quella sana passione che pervadendo ogni ceto ed ogni ambiente riversi domenicalmente sui campi di sport quella folla plaudente ed entusiasta delle altre città. La provincia coi suoi campi centrali, ogni volta affollatissimi, se da un lato ci indica – è vero – che la città ha maggiori attrattive che distolgono la gran massa dagli spettacoli atletici; dall’altra ci dimostra la grande utilità di possedere campi vicini.
A Napoli la passione e l’entusiasmo per lo sport sia degli atleti che degli appassionati ricevono una vera doccia fredda, oltre che un materiale ostacolo, dalla lontananza delle pelouses, ove, per mancanza di vaste palestre cittadine, oltre che per il football hanno la loro vita tutte le manifestazioni d’atletica leggera. Altra volta ci intrattenemmo sulle misere condizioni dell’atletica partenopea; oggi prospetteremo in brevi cenni i danni che lo sport meridionale per eccellenza, il football, ritrae dalla mancanza di campi cittadini.
Questo magnifico sport collettivo, di origine italiana, se pur ritornatoci dalla nebbiosa Albione con termini inglesi, ha bisogno per la sua vera perfezione dell’allenamento più intenso da parte dei vari teams, allenamento che è quasi impossibile alla gran parte dei nostri calciatori, impiegati e studenti, appunto per la distanza che separa Napoli da Bagnoli, Agnano, Pilastri, Campo Felice, ove le verdeggianti pelouses attendono invano malinconicamente nel corso della settimana le tenzoni del pallone rotondo.
Da cotesta mancanza di allenamento dipende in gran parte la mancanza di continuità delle nostre squadre ed il poco affiatamento rende, nonostante lo sforzo dei migliori, inferiori ai più allenati e omogenei undici delle altre regioni che, inoltre, a differenza dei nostri teams, posseggono dei veri e propri trainers, allenati e competenti.
Alla mancanza di veri trainers si potrà ben presto riparare, con un po’ di buona volontà, con l’aiuto degli sportmen della vecchia guardia, che per tecnica e competenza sono di gran lunga superiori a tanti direttori sportivi soltanto rappresentativi, ma per l’allenamento si impone assolutamente la necessità di avere dei campi in città.
Soltanto così il simpatico sport potrà migliorare, e nel contempo potrà maggiormente attrarre la massa, quel pubblico che oggi soltanto in minima parte e difficilmente si arrischia a una lunga corrèe nelle affumicate vetture della Cumana e poi per le polverose cupe d’Agnano e di Bagnoli.
Domani invece, quando con poca spesa e con niuna fatica il nostro pubblico potrà assistere facilmente alle manifestazioni atletiche non potrà non optare per esse, e lo sport diverrà per le masse non svago come un altro e come già a Milano al Velodromo e a Roma allo Stadio gli appassionati napoletani preferiranno, sia pure lentamente, affollare i campi di sport piuttosto che la vecchia Villa e i troppo costosi caffè.
A Milano, a Genova, e ancora più vicino a noi, a Roma, è tutto un popolo che s’interessa alle competizioni ove è in ballo la forza e l’energia giovanile e plaude e sostiene col suo entusiasmo i migliori, i più forti, contribuendo col suo concorso da un lato a favorire in maniera meravigliosa la diffusione dello sport nel popolo, dall’altro a sostenere col proprio modesto contributo le fortissime spese cui vanno incontro le più grandi società sportive.
Perché non potremmo avere lo stesso anche a Napoli?
Da buona fonte ci si annunzia che due dei maggiori club cittadini di football, sostenuti da ricchi industriali, sono sulla via di entrare in possesso di moderni e centralissimi campi sportivi.
Noi non possiamo che augurarci l’effettivo avverarsi del great event, bene auspicando all’avvenire sempre più fulgido dello sport cittadino.
F. Scandone
Nel 1922 Scandone, battendosi per un campo sportivo cittadino, esercitò pressioni sul generale Albricci affinché permettesse all’Internaples di giocare all’Arenaccia (in posizione molto più centrale), in modo da risolvere il problema della lontananza dai campi. Sotto la presidenza di Ascarelli l’Internaples si trasferì definitivamente al Campo militare dell’Arenaccia (in posizione molto più centrale), che fu il campo di gioco anche del Napoli fino al 1930. Sempre Ascarelli commissionò la costruzione di un vero e proprio stadio cittadino, dalla capienza di ben 20.000 posti, nei pressi di Rione Luzzatti, vicino alla stazione centrale. Il progetto fu dell’ingegnere D’Albora e lo stadio fu inaugurato nel 1930 con il nome di “Stadio Vesuvio”. Grazie ad Ascarelli, il Napoli poté disputare finalmente le proprie partite in un vero stadio, non in un semplice campo, e proprio nel centro di Napoli, facilmente raggiungibile dai tifosi. Fu intitolato ad Ascarelli in sua memoria (morì due settimane dopo l’inaugurazione dello stadio) ma nel 1934 il regime fascista impose che venisse ribattezzato “Stadio Partenopeo”. Successivamente il Napoli si spostò dapprima al Collana al Vomero e poi al San Paolo a Fuorigrotta. Ma il problema della lontananza dei campi era risolto, tanto più che Bagnoli e Fuorigrotta non erano più le aree rurali di inizio secolo, e non creavano più i disagi di spostamento di un tempo.
CAMPO DEI BAGNOLI
Il Campo dei Bagnoli si trovava in via Campegna, in corrispondenza della Cupa del Poligono, dove si trovava il Poligono “Vittorio Emanuele III”. Si trovava in una zona periferica della città, difficilmente raggiungibile. All’epoca Bagnoli e Agnano non erano state ancora ben integrate all’interno della città di Napoli ed erano territori rurali. Gli arditi spettatori, per raggiungere il campo, avrebbero dovuto prendere o la Cumana o il tram per Pozzuoli, scendere ad Agnano e poi “prendere per la cupa che comincia dirimpetto, scavalcare un muretto che è bassissimo e poi traversare la metà del campo”. I campetti, poi, erano rudimentali. Erano gli stessi spettatori a tracciare con la calce le linee del campo. I calciatori usavano un casotto di legno come spogliatoio.
Molte erano spettatrici, tra familiari e fidanzate dei calciatori, che arrivavano al campo in carrozzella, ben vestite ed eleganti, attirando l’attenzione dei cronisti che, spesso nelle cronache, invece di descrivere più dettagliatamente l’andamento dell’incontro, sprecavano spazio in elogi per la loro eleganza. Altri spettatori, quelli più facoltosi, arrivavano al campo in auto, parcheggiandola a bordo campo. Non si pagava ancora il biglietto.
Anche i calciatori arrivavano in campo in automobile, già vestendo la loro divisa.
Gli incontri si svolgevano in un clima sostanzialmente dilettantistico. Si narra che il portiere Michele Conforti, quando l’azione si teneva molto lontano dalla sua porta, si sedeva su una sedia e conversava con gli spettatori a bordo campo. Sembrerebbe che in un’occasione uno spettatore di cognome Squllace, figlio di un noto fabbricante di guanti, invase il campo per protesta, minacciando tutti con il proprio bastone, rendendosi così protagonista della “prima invasione di campo” (che fosse poi proprio la prima sarebbe tutto da verificare). Alla fine della partita si andava tutti a festeggiare con una bella mangiata collettiva a una trattoria poco distante, “Ntunnino”.
Nel 1907 il campo dei Bagnoli aveva dato dei problemi al Naples perché in autunno la divisione militare gli aveva negato l’uso, cagionando lo scontento dei soci stranieri nei confronti della dirigenza, che non riusciva a trovare un campo di gioco alternativo. Per fortuna poi il problema rientrò e il Naples riottenne dalla divisione militare il permesso di giocare al “Campo dei Bagnoli”.
Nel 1909 il Naples aveva avviato le pratiche per ottenere un nuovo campo al Vomero, più facilmente raggiungibile, ma di fatto continuò a giocare al “Campo dei Bagnoli” alla Cupa del Poligono, in Via Campegna.
CAMPO DEL POLIGONO
In realtà si trovava esattamente nello stesso luogo del “Campo dei Bagnoli”, perché le fonti dell’epoca attestano che il campo dei Bagnoli si trovava in corrispondenza del Poligono di tiro “Vittorio Emanuele III”, esattamente come il campo del Poligono. Quindi sostanzialmente il Naples continuò a giocare nello stesso luogo in cui aveva precedentemente giocato. Ciò nonostante il Naples inaugurò il “campo del Poligono” il 26 gennaio 1913 con una vittoria in campionato contro l’Internazionale. Secondo “La Stampa Sportiva”:
Una bella cerimonia precedè il secondo incontro di campionato: l’inaugurazione del nuovo campo di giuoco del Naples. Madrina ne fu una leggiadra e appassionata ammiratrice del gioco del calcio: la signorina Maria Teresa Coscia di Paduli figlia della duchessa Coscia di Paduli, la quale è — possiamo dire — la patronessa del foot-ball partenopeo, per aver dato ad esso tre valorosi giocatori e un interessamento encomiabile e ammirevole.
Probabilmente il campo del Poligono era stato ammodernato, e per questo era stato presentato come un nuovo campo rispetto al “Campo dei Bagnoli”. Il Naples continuò a giocare in questo campo fino al 1921-22.
Questa volta il Naples, dovendo pagare l’iscrizione al campionato, si assicurò che gli spettatori pagassero il biglietto. Nel corso dell’intervallo tra primo e secondo tempo un dirigente del Naples passava per riscuotere i soldi dagli spettatori.
CAMPO DI AGNANO
Ad Agnano giocò per la prima volta l’Open Air dal 1909. Il campo dell’Open Air ad Agnano fu inaugurato il 27 marzo 1909 con una partita tra le seconde squadre di Open Air e Naples. E’ interessante il resoconto della Stampa Sportiva:
Inaugurazione del campo dell’Open Air Sporting Club alle Terme di Agnano – Con un tempo veramente meraviglioso ebbe luogo alle Terme di Agnano, l’inaugurazione del nuovo campo di foot-ball, il primo per Napoli, dell’Open Air Sporting Club. Il campo, sebbene non ancora fornito dell’erba voluta, dato il troppo breve tempo lasciato per la crescita, si trova situato in una località bellissima, sia dal lato estetico, sia dal lato tecnico-sportivo; risponde alle misure volute dalla Federazione e si trova in località facile a pervenirvici, data la vicina linea tramviaria.
La presidenza dell’elegante e aristocratico Club aveva disposto le cose con gran signorilità, tanto che nell’half-time furono offerti al numeroso pubblico accorso, composto dalle più eleganti e belle signore dell’aristocrazia napoletana, rinfreschi e dolci.
Alle ore 15 precise un’elegante signorina, di cui spiacemi non ricordarne il nome, rompe la tradizionale bottiglia di champagne contro il palo di uno dei goals, dopodiché il referee, signor Clescovich, sempre elegante nella sua mise, dà il segnale d’inizio al match inaugurale tra le due seconde squadre dell’Open Air Sporting Club e Naples Football Club.
Il giuoco che si svolge non è certamente dei più eleganti e dei più perfetti, ma tuttavia è abbastanza ordinato. Vince il Naples con 3-1.
Dunque il campo dell’Open Air era un campo molto ben fatto, rispondendo alle misure della Federazione, e inoltre si trovava in una bella zona, più facilmente raggiungibile con il tram rispetto al campo del Naples (anche se certamente Agnano rimaneva comunque alla periferia di Napoli al pari di Bagnoli, e infatti Scandone si lamentava anche della lontananza del campo di Agnano dal centro di Napoli). L’Open Air, essendo un club aristocratico, aveva fatto le cose in grande, e aveva dato prova della sua signorilità anche nel rinfresco offerto agli spettatori nel corso dell’intervallo. Il campo delle Terme di Agnano dell’Open Air continuò ad ospitare importanti eventi sportivi, come la “Coppa Città di Napoli” nel 1910. Purtroppo agli inizi della stagione 1910-11 l’aristocratico club Open Air si sciolse.
Quando nell’autunno 1911 avvenne la scissione all’interno del Naples, con i soci dissidenti che andarono a fondare l’Unione Sportiva Internazionale, la nuova società andò a giocare ad Agnano. L’ingegnere Hector Mario Bayon, socio fondatore dell’Internazionale, si incaricò della progettazione del nuovo campo. Questo è quanto scrive La Stampa Sportiva:
I forestieri del Naples usciti da questa Società si sono uniti solidamente formando l’Unione Sportiva Internazionale. Scopo di questa società sarà l’esercizio di tutti i giuochi atletici in generale e il foot-ball in modo speciale. Le basi di questa società solidamente gettate fanno prevedere grandi e sicure cose per il futuro… Infatti già hanno stretto contratto colla società delle Terme di Agnano per uno spazioso campo di foot ball provvisto di ampio e comodo chàlet, rispondente ai più moderni dettami tecnici ed igienicamente sportivi. La società sarà pure fornita di due lawns per tennis. In tal maniera pure Napoli avrà finalmente un comodo campo di foot ball dove si potrà assistere a degli importanti incontri; ci risalta infatti ohe la neo Unione Sportiva Internazionale si metterà in relazione colle migliori squadre dell’Alta Italia per farle giuocare sul proprio campo dei matches interessanti in maniera da popolarizzare pure a Napoli questo giuoco che fino ad oggi non ha avuto la fortuna che ha avuto in Alta Italia, non avendo incontrato in quell’ambiente signorile che dà vita allo sport.
Per ora io chiudo queste brevi note riservandomi in seguito di mandarvi uno schizzo del campo e una fotografia dello chalet che è opera progettata dal vostro ingegnere Bayon.