Football Club Internaples – Stagione 1925-26 – Storia

 

FOOT-BALL CLUB INTERNAPLES

 

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Sotto la guida del nuovo presidente Giorgio Ascarelli, l’Internaples si rinforzò. Arrivarono due ex giocatori dell’Alessandria, il giocatore-allenatore Carcano e l’attaccante Ferrari. L’Internaples, approfittando della mancata iscrizione del Savoia e della Cavese, dominò il campionato regionale vincendolo. L’Internaples vinse 7 partite su 8, rifilando dieci reti in trasferta alla Casertana (0-10), sei reti in casa alla Puteolana (0-6), sei reti in trasferta allo Stabia (0-6). L’unica squadra che riuscì a fermare sul pari l’Internaples nel girone eliminatorio fu la Bagnolese seconda classificata.

L’Internaples fu inserito nel Girone A delle semifinali con Fortitudo di Roma, Anconitana di Ancona, Liberty di Bari e Messinese di Messina. Dopo aver pareggiato in trasferta lo scontro diretto contro la Fortitudo, i partenopei chiusero il girone di andata in testa a parimerito con i capitolini, guadagnando la vetta solitaria la giornata successiva grazie alla vittoria casalinga per 3-1 nello scontro diretto. Grazie a quel successo l’Internaples vinse anche il girone di semifinale della Lega Sud proprio con due punti di vantaggio sulla Fortitudo di Roma, qualificandosi così alla finale di Lega Sud. La qualificazione matematica alla finale arrivò il 17 maggio 1926 con il 4-0 rifilato all’Anconitana che portò l’Internaples a più tre sulla Fortitudo, divario ormai incolmabile (a partenopei e romani rimaneva solo una partita da disputare). L’ultima partita di semifinale, ormai ininfluente, fu disputata il 30 maggio 1926 contro il Liberty di Bari e terminò 2-2.

Tutto il mese di giugno fu trascorso in attesa di conoscere l’altra finalista. Infatti l’andamento del Girone B era stato condizionato dalle vicende dell’incontro Alba-Pro Italia disputato in origine il 2 maggio 1926. Prima dell’incontro Alba, Pro Italia e Bagnolese erano tutte in vetta a pari punti. Il 2 maggio 1926 Alba-Pro Italia terminò 1-1 e a causa di ciò la Bagnolese guadagnò la vetta solitaria. L’Alba protestò per i notevoli errori arbitrali che a suo dire le impedirono di vincere la partita, gridando al complotto della Lega Sud (che all’epoca aveva sede a Napoli) che avrebbe inviato apposta quell’arbitro per far perdere punti all’Alba e così favorire la vittoria del girone da parte della Bagnolese, e anche i suoi tifosi se la presero con il direttore di gara, aggredendolo e insultandolo alla fine della partita. L’Alba minacciò addirittura di ritirarsi dal campionato in segno di protesta per l’operato della Lega Sud. Gli errori tecnici dell’arbitro furono tali da spingere la Lega Sud ad annullare la partita e farla ripetere a fine girone. L’Alba fu comunque pesantemente multata e punita con la squalifica del campo per tutto il girone di ritorno. Il 23 maggio a Napoli, più precisamente nel quartiere di Bagnoli, si disputò la partita decisiva, Bagnolese-Alba. La partita di andata a Roma si era conclusa 3-3 in maniera rocambolesca con l’Alba in vantaggio per 3-0 fino a cinque minuti dalla fine e che si fece riprendere nel finale dalla Bagnolese che le rifilò tre gol in soli cinque minuti, pareggiando incredibilmente. Questa volta non accadde niente del genere e l’Alba vinse per 2-1 in trasferta, agganciando i campani in vetta ma con una partita in meno, quella da recuperare contro la Pro Italia di Taranto. Sennonché la FIGC a metà giugno assegnò all’Alba la sconfitta a tavolino proprio nella partita da recuperare, e questo significò che Bagnolese, Pro Italia e Alba erano tutte e tre a quota 12 punti in classifica, ma con la Bagnolese prima, la Pro Italia seconda e l’Alba terza in virtù del quoziente reti. La Bagnolese, in virtù del miglior quoziente reti, risultava almeno al momento aver vinto il girone. L’Alba gridò al complotto sostenendo che la Lega Sud avrebbe fatto di tutto affinché la finale si giocasse tra squadre napoletane, e sporse reclamo contro la sconfitta a tavolino, e, complice l’intervento in suo favore di importanti gerarchi fascisti romani (come Italo Foschi e il presidente del CONI Lando Ferretti), alla fine la spuntò: la sconfitta a tavolino fu annullata, e la partita fu mandata a ripetere il 4 luglio 1926: l’Alba vinse per 3-1 e si qualificò alle finali contro l’Internaples.

La squadra vincitrice avrebbe disputato la Finalissima per lo scudetto contro i campioni della Lega Nord. La partita di andata si disputò a Roma il 11 luglio 1926. Sembrerebbe, secondo un aneddoto, che l’Internaples scese in campo non ben riposato, perché la notte prima i tifosi albini, scoperto l’albergo in cui alloggiava la compagine partenopea, con urla e rumori vari disturbarono il sonno dei giocatori partenopei, facendo passare loro una notte insonne. Dopo un iniziale equilibrio, nei minuti finali del primo tempo l’Alba si portò in vantaggio. Nella ripresa si ebbe la debacle dell’Internaples: l’Alba con due gol in successione si portò sul 3-0, sollecitando i cori di sfottò della tifoseria capitolina, che cominciò a cantare la canzone che trionfava allora nei cinema della capitale, “Napule ca se ne va”. La rete di Ghisi, che accorciò le distanze portando il punteggio sul 3-1, illuse la tifoseria partenopea, che cominciò a rispondere alla tifoseria avversaria cantando “Napoli è sempre Napoli”, nella speranza che l’Internaples avrebbe ripetuto l’impresa della Bagnolese, che a Roma aveva rimontato l’Alba dallo 0-3 al 3-3 negli ultimi cinque minuti di partita. Tuttavia, si verificò effettivamente l’opposto: l’Internaples, invece di rimontare, crollò ulteriormente, l’Alba segnò altri tre gol e vinse per 6-1. A causa della sconfitta di Roma per 6-1, poiché proprio in quella stagione era stato introdotto il quoziente reti per discriminare i pari merito in classifica, l’Internaples al ritorno avrebbe dovuto vincere con almeno cinque gol di scarto per evitare l’eliminazione (con cinque gol di scarto si sarebbe resa necessaria una terza gara di spareggio, essendo il quoziente reti delle due squadre pari). I giornali partenopei esortarono l’Internaples a riscattare la “Caporetto” di Roma con un’impresa alla “Vittorio Veneto” all’Arenaccia, ma non andò come sperato. L’Alba amministrò il vantaggio di cinque reti chiudendosi in difesa e chiudendo bene tutti gli spazi e il primo tempo si chiuse a reti inviolate, nonostante lo sterile predominio partenopeo. Nel secondo tempo l’Internaples si portò in vantaggio su rigore ma l’infortunio di Sacchi, che ridusse la squadra in dieci (allora non esistevano le sostituzioni), favorì l’Alba che riuscì così a pareggiare, sempre su rigore. La partita terminò 1-1 e l’Internaples fu eliminato dal torneo. Entrambe le partite di finale furono caratterizzate dalle intemperanze del pubblico di casa. All’andata furono i tifosi albini a rendersi artefici di violenze, come narra la cronaca de “Il Mattino”:

I supporters romani alla fine della partita invece di inneggiare giustamente ai propri atleti, a dimostrazione della gioia si sono scagliati contro giocatori e supporters azzurri, provocando l’intervento della forza pubblica, che ha dovuto caricare più volte la folla. Non è stata risparmiata dalla invasata folla romana neanche qualche gentile signora napoletana, che aveva affrontate le fatiche di un viaggio per sostenere la propria squadra e dividere con essa la gioia e il dolore. E ciò, maggiormente inesplicabile, dopo le proferte di amicizia sportiva dei romani e le prove di stima e di simpatia di cui sono stati fatti segno dagli azzurri cittadini.

Gli ultras partenopei si vendicarono al ritorno. Secondo “La Gazzetta dello Sport”:

Il pubblico non è stato all’altezza della sua tradizionale ospitalità. I supporters locali hanno mostrato senza ritegno il loro risentimento per l’intemperanza di Roma e hanno dato luogo a numerosi gravi incidenti, prima, durante e dopo la partita.

Secondo il quotidiano romano (e filoalbino) “L’Impero”:

Durante l’intervallo i giuocatori romani, ritiratisi negli spogliatoi, stanno per essere aggrediti vigliaccamente e malvagiamente da un numeroso gruppo – circa 200 – di napoletani. Un manipolo di soldati romani, dato di piglio ad una pompa, allontanano l’insidia. […] Infuria intanto la tempesta da parte del pubblico. Gravi incidenti si verificano alla tribuna dove ogni romano ch’è riconosciuto è apostrofato, colpito con bastoni e sassate ed espulso dal campo. Sono scene selvagge dalle quali non sono risparmiate neppure le signore; e si ripetono prima durante e dopo la partita. Scene che non possono essere descritte, per non vituperare troppo una popolazione intera e per non diffamare uno sport che non ha nulla a che vedere con le gesta odierne. […] Poi la partita ha termine. All’uscita dal campo dell’Arenaccia si riaccende la caccia al romano. Si deplorano così nuovi feriti che devono riparare all’ospedale.

Per gli incidenti avvenuti al ritorno, l’Arenaccia, il campo dell’Internaples, fu squalificato insieme al campo di Agnano per due mesi (fino al 30 settembre). Al termine del campionato Carcano e Ferrari tornarono all’Alessandria.

Nel frattempo la Carta di Viareggio emanata il 2 agosto 1926 ammise l’Internaples (insieme ad Alba e Fortitudo) in Divisione Nazionale. La dirigenza dell’Internaples decise allora di apportare alcuni cambiamenti per rinforzare la squadra in vista alla futura partecipazione alla Divisione Nazionale, dove per la prima volta avrebbe affrontato in campionato i fortissimi squadroni del Nord. Ascarelli, il presidente dell’Internaples, propose di cambiare il nome dell’Internaples in Napoli, per accontentare il regime fascista che detestava gli anglicismi (Naples è il nome inglese della città, molto meglio Napoli) e tutti i nomi che richiamassero anche solo involontariamente l’Internazionale comunista (non a caso l’Internazionale di Milano, comunemente nota come Inter, nel 1928 cambiò denominazione in Ambrosiana dopo fusione con l’US Milanese). Il 25 agosto 1926 (la data del 1 agosto tramandato dalla vulgata mi risulta sbagliata, fanno testo i giornali dell’epoca che datano quell’avvenimento al 25 agosto) l’assemblea annuale dei soci dell’Internaples deliberò il cambiamento di denominazione da F.B.C. Internaples in A.C. Napoli.